KENNY ROBERTS
1983 : L'ultimo anno del King

In queste immagini il «dramma» di Roberts a Monza al Gran Premio delle Nazioni. Mancano quattro giri al termine e K.R. è in testa con un vantaggio su Spencer ormai in¬colmabile. Subito dopo un doppiaggio, però, Kenny allarga troppo la traiettoria alla Parabolica e finisce prima sull’erba poi sul terriccio. E cade. Ma il «marziano» non si dà per vinto, riesce a rimanere aggrappato alla sua Yamaha e riparte. E’ ancora quarto e si getta all’inseguimento dei rivali per guadagnare qualche punto. La sorte, però, lo attende al varco: ad un giro dalla fine resta senza benzina. E il ritiro è, forse, il compimento del suo destino; ormai è chiaro: il mondiale '83 gli volta le spalle.
Kenny Roberts, il grande sconfitto del mondiale '83 classe 500. Partito come favorito alla vigilia del torneo iridato, il grande «KR» ha trovato sulla sua strada uno Spencer strepitoso ed una serie di Gran Premi sfortunati (GP di Francia, Nazioni, GP di Spagna, e GP di Jugoslavia) contro i quali non ha potuto far nulla. Così per il terzo anno consecu¬tivo uno dei più grandi fenomeni del motociclismo di tutti i tempi ha dovuto abbassare bandiera di fronte ad un destino che non ha voluto concedergli quel poker di titoli che sicuramente avrebbe meritato.

 

KENNY ROBERTS, tre volte iridato della classe 500 e numero uno della Yamaha, è il grande sconfitto del mondiale '83, non perché ha perso, ma per come ha perso una sfida che avrebbe potuto vederlo vincitore. A sei vittorie, tre secondi posti ed un ritiro, alla pari di Spencer, aggiunge due quarti posti contro un terzo ed un quarto di Spencer che per due lunghezze si è aggiudicato il titolo.
Con 142 punti al suo attivo Roberts avrebbe stravinto sia nella stagione ’82 (Uncini si fermò a quota 103) che nel 1981 (Lucchinelli arrivò a 105). Anche il suo vantaggio su Mamola, al terzo posto staccato di 53 punti, parla chiaro sull'andamento del campionato. Ma si è trattato di un anno speciale che ha avuto in Roberts e Spencer i soli piloti in grado di lottare per la vittoria finale.

QUELLO DI KENNY è stato un mondiale tutto all'inseguimento, non tanto per i tre punti perduti in Sud Africa, quanto per il quarto posto in Francia, dettato dalla rottura di una marmitta quando era al comando, che ha consentito non soltanto a Spencer di superarlo, ma anche a Lucchinelli e Haslam. Anziché rimettere la situazione in parità dopo Le Mans si è trovato staccato di dieci punti. Nessun problema. A Monza, Gran Premio delle Nazioni, dopo 20 giri di corsa Roberts è saldamente primo. Ancora quattro tornate e potrà assaporare la prima vittoria di stagione. Ma l'imprevisto lo attende alla Parabolica: ha un attimo di indecisione nel passag¬gio di un doppiato, vorrebbe superarlo all'interno, ma si accorge di essere arrivato troppo lungo alla staccata. All'ultimo momento allarga la traiettoria, l'asfalto a bordo pista è sporco e non se la sente di inclinare la moto, raddrizza puntando sulla sabbia e tiene in equilibrio la sua Yamaha fino a quando questa non si impunta scalzandolo di sella.

Ma Kenny è un osso duro, tiene ben saldo il manubrio nelle mani e riesce addirittura a non far spegnere il motore. Quando riparte è quarto, lo hanno superato Spencer, Mamola e Haslam. Per lui, però, i guai non sono terminati; all'ultimo giro finisce la benzina e deve dire addio anche ai dieci punti del terzo posto, dal momento che anche Haslam si è fermato lungo il percorso per la rottura dell'albero motore. Dopo tre gare il suo bottino è di 20 punti, piuttosto misero in confronto a quello di Spencer che vanta tre vittorie in tre gare. Kenny, però, non si dà per vinto. Ed è a questo punto che dimostra di essere un grande professionista prima ancora che un grande campione. Si impegna in quella che sembrerebbe una rimonta impossibile e riesce (approfittando anche delle sventure di Spencer che rompe una marmitta in Germania e il motore in Austria) a ridurre lo svantaggio fino a portarsi a due punti da Spencer... all'ultima gara. La Yamaha gli ha detto grazie lo stesso, organizzando la sera stessa una festa in suo onore durante la quale Kenny ha ritrovato il sorriso perduto con la «vittoria-sconfitta» nel Gran Premio di San Marino.

MANCATO il «poker» (per la terza volta consecuti¬va) e annunciato da tempo il ritiro, Roberts si è congedato dall'Europa con un velo di tristezza, con l'amarezza di non essere riuscito in un'impresa che non era affatto im¬possibile, ed una non troppo sopita voglia di rivincita tanto da rimette¬re ancora una volta in discussione i propositi di abbandono. Sei anni di vita europea lo hanno reso più malleabile, scal¬fendone la dura scorza dietro la quale si riparava al suo arrivo nel '78, chiudendosi a riccio in se stesso tanto da vedersi affibbiare l'appellativo di «marziano» per il suo carattere scontroso, per la sua incomunicabilità.


 

 

 

 

Eppure il Roberts di oggi ha gli stessi occhi di ghiaccio di quello che venne in Europa per vincere addirittura tre categorie: 250, 500 e 750. Un'impresa difficile anche per un pilota che arrivava dagli Stati Uniti con in tasca la «piastra» di Numero Uno. Vinse la classe più importante, la 500, ma fu costretto ad abbandonare le altre. Alla stanchezza di scendere da una moto e salire sull'altra si aggiungeva la difficoltà di star dietro a tre moto per volta. A spingerlo a correre in Europa era stata la Yamaha, nell'impossibilità di mettergli a disposizione una moto competitiva per le gare di dirt track. Erano passati quattro anni dalla sua prima apparizione in Gran Bretagna dove disputò il Transatlantic Trophy, la classica sfida anglo-americana.

 


AL SUCCESSO IRIDATO DEL '78 ai danni di Barry Sheene seguì nel '79 quello su Virginio Ferrari che gli cedette soltanto all'ultima gara a Le Mans dove l'allora pilota del team Gallina diede tutto se stesso nel tentativo di ribaltare in suo favore le sorti del mondiale, cadendo alla curva del «Garage Bleu» infortunandosi gravemente. Fu quel¬lo l'anno della ribellione dei piloti del circus e delle «World Series» di cui Roberts fu promotore perché, come campione del mondo, si sentiva in dovere... e nel diritto di aiutare i piloti privati. II progetto fallì e a Kenny (così come agli altri) non rimase che ripresentarsi al via del mondiale '80 che vinse davanti a Mamola e Lucchinelli. Era il terzo successo iridato consecutivo e l'ultimo anno in cui Roberts vestiva la divisa «canarino» (giallo¬nero della Yamaha USA). Con i colori ufficiali Yamaha ma anche con quelli della Marlboro, Kenny non avrebbe più conquistato il successo finale, battuto prima da Lucchinelli, poi da Uncini e infine da Spencer.

Negli ultimi anni di attività, Kenny ha però sempre mantenuto un ruolo di favorito, ed è stato considerato dagli avversari l'uomo da battere l'avversario più duro, il pilota con cui confrontarsi. L'ammazza campionato malato di incomunicabilità del 1978 ha conquistato i suoi avversari. Quegli stessi piloti che lo avevano guardato con diffidenza (ma anche con reverenziale timore) ne sono divenuti amici, hanno oltrepassato la sua invalicabile scorza, formatasi forse in una infanzia non tutta rose e fiori.


Kenny, nato a Modesto, in California, da una famiglia povera cominciò presto a guadagnarsi da vivere, lavorando già 12 anni come cow-boy,¬domando e allevando cavalli. L'istruzione nelle campagne non era considerata troppo importante, ciò nonostante frequentò fino alla scuola secondaria. Ad avvicinar¬lo alle due ruote fu la moglie del contadino per cui lavorava. Aveva comperato un mini motorino al figlio e poiché questi ¬non riusciva ad usarlo ¬chiese a Kenny di provarlo lui, che era sempre il primo ad offrirsi per domare un cavallo difficile. Ma il «cavallo d'acciaio» era un osso duro. Kenny provò la moto sulla veranda davanti a casa e cadde proprio ai piedi della madre dopo avere centrato la porta d'ingresso. Nello scontro si tagliò un ginocchio così gravemente che rimase svenuto.
Fu forse quel primo, duro approccio, a far scattare in Kenny quella molla che gli ha consentito di domare in seguito ben più dure cavalcature.
Fino alla primavera del 1970, il pilota di Modesto, California, ha partecipato solo a gare di Flat track e l’asfalto di una pista non sa nemmeno che cosa sia. Prende parte a una gara a Daytona ed è un mezzo disastro se non fosse per i risvolti comici della vicenda.


Dopo essersi qualificato nelle ultime posizioni, Kenny si schiera in prima fila all’allineamento per la gara a causa di un equivoco. É perplesso, ma nessuno gli dice nulla. Così, quando si abbassa la bandiera, con uno scatto rabbioso guadagna la prima posizione. Dopo la prima curva, però, si accorge di due cose: ha bruciato la frizione e quello era il giro di ricognizione. Quindi, con la frizione da buttare, la sua gara finisce ancora prima di cominciare...
Un’altra volta – in piena bagarre con un gruppo di piloti - non si accorge che la gara è terminata. A nulla valgono le segnalazioni dei commissari che si piazzano sul rettilineo del traguardo sbracciandosi a più non posso. Per fermarli mandano in pista una grossa berlina. Solo allora Roberts e gli altri capiscono che la gara è finita, ma non la prendono bene: coi commissari volano parole grosse, fino ad arrivare alle mani.

Nonostante tutto, a fine stagione, Roberts bussa alla porta della Yamaha USA e riesce a strappare un contratto per il 1971. Conquisterà il titolo nazionale Junior vincendo nove gare e guadagnandosi la promozione fra gli Expert, cioè fra i professionisti. Il 29 gennaio 1972 vince la sua prima prova del Grand National all’Astrodrome di Houston. A vent’anni è già, quello che si dice, un pilota affermato e con ottime prospettive per il futuro.
Nel 1975 Kenny Roberts ha guidato una moto mostruosa. Una TZ 750 modificata da Doug Shwerma, specialista in telai da Flat-track (disciplina che si corre negli ippodromi in terra battuta con almeno 12 piloti indemoniati al via). Per vincere una gara del genere occorrono tre cose: nervi saldi, manetta spalancata e una moto leggera ma con tanti CV da scatenare sui rettilinei.
Roberts, per vincere tutte e quattro le prove (quarto di miglio, mezzo miglio, TT e miglio), si fa assemblare da Shwerma una Yamaha con telaio della XS 650 modificato per ospitare il 4 cilindri della TZ 750. E’ un aggeggio da 144 kg per 130 CV: cioè quanto una 125 stradale di quegli anni ma con 10 volte il numero dei CV. Una moto quasi inguidabile per la potenza espressa.
La Kawasaki, provocata, risponde preparando l’H2R 750. La corsa alle superpotenze era iniziata…. Però l’anno successivo, nel 1976, ci penserà l’AMA (l’American Motorcycles Association) a evitare che mostri del genere scendano in pista, vietando qualsiasi motore con più di 2 cilindri.

DEL MOTOCICLISMO KENNY apprezza soprattutto la competizione, la sfida con gli altri piloti in gara. La velocità in se stessa non lo emoziona, viaggiare su due ruote a 300 chilometri all'ora non gli dà alcuna soddisfazione. E stata la passione per il confronto a tenerlo lontano della sua California, lontano dai tre figli Kenny Lee jr. Kristen e Kurtiss, a fargli sopportare l'abbandono della moglie. Varcata la soglia dei trent'anni il «marziano» ha sentito. però, la nostalgia del suo paese; la vita vagabonda del pilota ha cominciato a stancarlo a divenirgli pesante, ma ha continuato un po' per non deludere la Yamaha alla quale è molto legato, un po' perché quello del pilota è il suo mestiere.

Ma il mondo delle corse in continuo movimento lo ha stancato. Quel magico mondo del quale ha varcato le soglie nel 1968 non suscita più in lui nessuna emozione. In una intervista rilasciata ad inizio ’83 egli disse: «So che mi ritirerò tra breve tempo. Il tempo di correre, nel senso di spostarsi velocemente da un continente all'altro è quasi finito, anche se la Yamaha mi ha chiesto di restare un anno ancora. Ma il titolo mondiale, perso o con¬quistato non c'entra niente. Non ho intenzio¬ne di continuare questa vita vagabonda che mi tiene lontano dalla famiglia. Per me non ci sarà un futuro come team manager. Sono stato e sto tuttora troppo lontano dai miei figli. La mia famiglia si è sfasciata, mia moglie se n'è andata perché le piaceva stare con le amiche ed andare a sciare ogni fine settimana, tutte attività che la mia professione non permetteva».

Uno sfogo amaro, immagine di un Kenny Roberts provato dalla vita nomade prima ancora che dalle tante battaglie. Eppure la sua stagione '83 è stata meravigliosa. Una volta in sella la stanchezza ha lasciato posto alla concentrazione, alla voglia di vincere: dopo quindici anni di corse, tre titoli mondiali vinti e tre persi.

 

KENNY ROBERTS


Luogo e data di nascita: Modesto, in California il 31 dicembre 1951
Stato civile: divorziato. Ha tre figli, Kenny Lee jr., Kristie e Kurtiss
La carriera:
Prima gara 1965. 1974 - Prima gara mondiale: il Gran Premio d'Olanda ad Assen dove si classificò terzo su Yamaha 250 1978-Campione del mondo suYamaha 500. Quarto classificato nel mondiale della 250. Vince la 200 Miglia di Daytona
1979 - Campione del mondo su Yamaha 500 1980-Campione del mondo su Yamaha 500 1981 - Terzo nel mondiale su Yamaha 500 1982 - Quarto nel mondiale su Yamaha 500 1983 - Vice campione del mondo su Yamaha 500.

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