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di JETPILOT - Foto: YAMAHA Motor Co. ltd ::
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LA SCHEDA Casa costruttrice: Yamaha Motor Company Ltd, 2500 Shingai Iwata Shi, Shizuoka Ken. Prezzo chiavi in mano (1984): L. 9.815.000 Forma di garanzia: 12 mesi - colori: bianco/rosso.
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La YAMAHA a quell'epoca aveva già in produzione, nelle varie versioni, la RD350LC anch'essa derivata dalle macchine che correvano negli anni '70, e che conosceva un incredibile successo nel mercato Europeo ed in particolare quello Italiano dove, nonostante le leggi a protezione del prodotto nazionale, era diventata la moto preferita dai diciottenni. Della RD350 la RZV500R conservava ben poco ( la valvola YPVS...). Derivata (solo concettualmente...) dalla OW54 con la quale il grandissimo Kenny Roberts si aggiudicò il suo terzo titolo iridato nella 500, riprese alcune soluzioni tecniche come lo schema del motore V4, l'ammissione lamellare, il telaio in tubi quadri in alluminio, viste in seguito sulla OW61 del 1982. Con una scelta discutibile, la casa di Iwata decise di costruire una versione "semplificata" per compensare i maggiori costi del mercato Europeo: la RD500LC. Le modifiche principali riguardarono un telaio in acciaio al posto di quello in "nobile" alluminio montato sulla RZV500R, e la forcella senza la possibilità di regolare il precarico molla. La linea della RD500LC è da vera racer. Bella e aggressiva, ben proporzionata e con una colorazione che richiama parecchio la livrea delle moto ufficiali . La moto è completamente carenata e questo accentua il look corsaiolo già evidenziato dal serbatoio triangolare appoggiato sulle direttrici del telaio e dalle aggressive camere di espansione con silenziatori di scarico in alluminio, due dei quali ( come sulla versione da GP ) fuoriescono dal codone.
Il cuore di quella che è stata subito battezzata "Roberts Replica", è un V4 due tempi di 499cc raffreddato a liquido e dotato di valvola YPVS che ne migliora il tiro ai regimi medio-bassi. La centralina CDI a scarica capacitiva, sovarintende alla successione degli scoppi che si susseguono ogni 180° di rotazione dell'albero motore e avvengono simultaneamente nei due cilindri messi in diagonale. Accreditato di 88cv a 9.500 giri/min e di una coppia di 6.8 Kmg a 8.500 giri, era in grado di competere ( e superare...) in prestazioni con le migliori 750 dell'epoca. Nella sua costruzione è stato fatto largo uso di Alluminio e Magnesio, sia per cercare di contenere il peso (circa 55 kg...) che per "nobilitare" il progetto. Ma la particolarità di questa unità motrice risiede senz'altro nella scelta anticonformista della sua architettura. Si tratta infatti di un V4 diviso in due bancate e dotato di due alberi motore separati, dove è stato previsto un sistema di aspirazione differente tra le due bancate: Aspirazione lamellare con immissione sul carter per la bancata inferiore e lo stesso tipo di aspirazione ma con ammissione sul cilindro per la bancata superiore. Tutto ciò ha comportato l'adozione di gruppi termici con andamento dei travasi differente tra le due bancate e pistoni diversi ( quelli relativi ai due gruppi termici superiori presentano due aperture sul mantello per evitare che sia il pistone stesso a variare la fasatura...). E' come se si fossero uniti due motori differenti quindi, per "accordare" i quali è stato necessario adottare sistemi di scarico dal profilo decisamente differente e, di conseguenza, tarature dei carburatori relativi alle due coppie di cilindri inferiori e superiori, leggermente diverse al livello dei freni aria principali. L'apertura della "V" è piuttosto stretta, soli 50°, soluzione questa che ha comportato lo spostamento dei carburatori verso l'esterno mediante l'adozione di collettori di aspirazione a 90° che, insieme all'adozione di carburatori Mikuni di soli 26mm, sottolineano la necessità dei progettisti di adattare questo quattro cilindri per l'uso stradale. Il telaio inizialmente previsto in alluminio per la RZV500R, è stato sostituito con una unità in acciaio sulla RD500LC costruita per il mercato europeo. Si tratta di una unità in tubi quadri con direttrici laterali che collegano direttamente il cannotto di sterzo con la piastra di supporto per il fulcro del forcellone. Lo schema della sospensione posteriore, ci ricorda che tutto su questa moto, è stato progettato per stupire. L'ammortizzatore posteriore infatti, mosso da una articolazione progressiva di tipo Monocross Rising Rate, è stato sistemato orizzontalmente sotto il motore, ed ha la possibilità di essere regolato nel precarico molla, in compressione e in estensione. Non così "fortunata" la forcella: nessuna possibilità di regolazione, se si eccettua il sistema anti-dive per tenere sotto controllo l'affondamento della forcella in staccata, già visto nelle moto da GP. La frenata è affidata ad una terna di dischi in acciaio dotati di piste autoventilanti e forniti di pinze a doppio pistoncino contrapposto. Continua... |
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